Barella si racconta: «Un onore giocare nel Cagliari» - Cagliari News 24
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Barella si racconta: «Un onore giocare nel Cagliari»

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Nicolò Barella si racconta a “La Giovane Italia” su Sky Sport: il talentino del Cagliari a tutto tondo fra passato e presente, l’azzurro e il rossoblù

La prima puntata de “La Giovane Italia”, serie realizzata da Sky Sport sui talenti emergenti del calcio italiano, ha come fulcro Nicolò Barella. È il centrocampista del Cagliari a raccontarsi e a vestire i panni del conduttore, cogliendo l’occasione per ripercorrere le fasi della sua crescita e sottolineare l’amore per i colori rossoblù e per l’azzurro della Nazionale.

Le origini di Barella: «Vengo da una famiglia di appassionati di basket e sono tifosissimo di LeBron James, ma quando da bambino mi sono trovato per le mani la palla a spicchi ho cominciato istintivamente a calciarla. Matteoli è stato importantissimo nella mia crescita. Una svolta è stata quando mister Franco Masia, importantissimo nel mio percorso, mi mandò in tribuna per un litigio e capii di dover lavorare sempre sodo. Per arrivare non bisogna mai sentirsi appagati. Gigi Riva è il Cagliari, per me è un onore essere cresciuto nella sua scuola calcio e poi essere arrivato alla prima squadra del Cagliari».

Spazio anche all’azzurro e al record come capitano più giovane della storia del Cagliari: «La Nazionale è un’emozione fortissima, ho tatuata sulla pelle la data del mio primo gol in azzurro: una rete in rovesciata contro la Repubblica Ceca quando giocavo con l’Under 16. Due anni fa in una gara del Cagliari in casa della Lazio mancavano diversi big e la fascia di capitano nell’occasione la portava Nicola Murru, col quale ho un bellissimo rapporto: scherzando gli chiesi di farsi sostituire in modo da metterla io al braccio perché volevo fortemente provare cosa si sente a rappresentare i compagni. In seguito gli ho portato via il record di capitano più giovane della storia della squadra rossoblù».

A chi lo accusa di ricevere troppi cartellini gialli Barella risponde così: «Dicono che sono troppo irruento in campo, ma io nella vita odio le etichette. So che ormai sono osservato e appena entro in scivolata mi fischiano fallo, ma è una cosa che mi viene da dentro. In campo non riesco a gestire l’irruenza, poi accolgo le critiche perché servono a crescere. Il mio modello? Forse Stankovic, da piccolo adoravo vedere la sua grinta e ricordo sempre un suo gran gol da centrocampo».

Campo e vita privata vanno a braccetto, come racconta il talentino rossoblù pensando a passato e futuro: «L’esperienza a Como è stata importante. Un passaggio difficile ma è anche quello che mi ha fatto fare il gradino decisivo nella carriera. Sono partito insieme a quella che oggi è mia moglie, è la persona giusta della mia vita. Lei è più grande di me ed è una di carattere, è la mia prima critica ma la cosa è stimolante».

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