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Roccotelli, il pioniere della rabona: «Cagliari mi ha conquistato» – ESCLUSIVA

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A tu per tu con Gianni Roccotelli: precursore della Rabona, l’ex ala destra ricorda il suo passato nel Cagliari e racconta il gesto che lo ha reso celebre

La gamba che passa dietro quella d’appoggio e il pallone che improvvisamente parte sorprendendo l’avversario: oggi la giocata è nota col nome sudamericano di “Rabona”, ma in Italia già negli anni ’70 c’era chi la faceva con disinvoltura, tanto che ci si riferiva al gesto tecnico alla Roccotelli. Tutto nasce per strada, nelle sfide che avevano per porta una serranda: «Io tutto destro, mio fratello tutto sinistro: l’unico modo che avevo per far passare i tiri era inventarmi qualcosa. Nacque la giocata che battezzammo “Incrociata”». Gianni Roccotelli, ala destra classe 1952, parte da quel gesto per ricordare una carriera che lo ha visto vestire la maglia del Cagliari nella stagione 1976/1977.

Gianni, ancora oggi quando si vede quel gesto tecnico c’è chi nomina subito Roccotelli
«All’epoca non arrivavano certo immagini dal Sudamerica, quella giocata mi veniva naturale e la usavo sia per i cross che per i tiri in porta. La usai anche a Cagliari, alla prima giornata contro la Spal. In maglia Ascoli mandai in gol così Ambu, mentre in una gara di Coppa Italia di Serie C con la Nocerina segnai direttamente su punizione con l’incrociata. Un tiro proprio al sette, a momenti veniva giù lo stadio»

Come era visto quel gioco di gambe dagli addetti ai lavori?
«Molti allenatori non volevano che la facessi, da Radice a Toneatto passando per Fabbri. Dicevano che poteva sembrare una presa in giro verso gli avversari, temevano che qualcuno mi facesse male per vendetta. In realtà nessuno mi ha mai fatto niente. Anzi, una volta in casa della Lazio fu tutto il pubblico dell’Olimpico ad applaudire per un bel cross dal fondo fatto con l’incrociata»

Un gesto che incuriosì perfino Bearzot
«All’epoca la Nazionale guardava anche alla Serie C, dal Sud convocarono me e Vito Chimenti per uno stage a Napoli. Io feci due gol con l’incrociata, impressionando i tecnici tanto che quando poi arrivai a Coverciano Enzo Bearzot volle che gli mostrassi in campo quello che era stato refertato come “un tiro strano”. Poi nella Nazionale di C mi fecero giocare terzino sinistro, ma questa è un’altra storia»

In carriera hai vestito tante maglie, a guardarla oggi che bilancio fai?
«Ci sono state un paio di occasioni mancate, andai a Torino nonostante l’interesse di Mazzone che mi voleva all’Ascoli e sicuramente lì avrei trovato più spazio. In granata ero chiuso da Claudio Sala, c’era una sola sostituzione a partita e giocai poco. Sono stato cercato anche da Inter e Sampdoria, poi per varie ragioni non se ne è fatto niente. Ma se devo trovare un rammarico è quello di non aver mai vestito la maglia del Bari, io che sono barese di nascita. A un provino mi scartò Oronzo Pugliese perché disse che volevo scimmiottare Sivori, ma solo perché mi avevano dato dei calzettoni enormi che mi scendevano continuamente».

In rossoblù una sola stagione ma decisamente importante nella tua vita
«A Cagliari ho giocato un solo anno ma lì ho conosciuto quella che sarebbe diventata mia moglie (testimoni di nozze Gigi Riva e Bellini). È nato un legame profondo con la Sardegna, tanto che sono tornato a finire la carriera sull’Isola e poi ho aperto una scuola calcio a Quartu. È diventata casa mia».

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