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Editoriale

Cagliari, ancora una volta è tutto da rifare

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Nuova stagione alle porte, nuovo allenatore in arrivo: il Cagliari non riesce a dar forma ad un progetto a lungo termine. L’analisi nel Contropiede di Mario Frongia

A pensarci bene, basta unire i puntini: Walter Zenga non ha mai avuto reali possibilità di stare alla guida del Cagliari per il campionato che comincerà il 12 o il 19 settembre o chissà quando. «Ho sbagliato ad accettare un rinnovo legato al settimo posto e solo fino a fine stagione» il commento dell’Uomo Ragno. Ripensamento onesto ma tardivo. Forse, utile per il futuro. Ottima pezza – per visibilità e carisma, comunque voglioso di rimettersi in gioco, magari con la speranza che al di là dei risultati potesse fare la differenza la comune e lunga militanza interista con il patron – per coprire il post Maran. Pandemia o meno, gli hanno dato una coperta corta e si sono impegnati nel renderla più striminzita dietro, settore con lacune che che si perpetuano negli anni. Ad esempio, salutando Cacciatore e Olsen. O mettendo in castigo Cigarini. Sempre e comunque per questioni di denaro: sia chiaro, il business imprenditoriale deve cercare il profitto. Ma se la cifra delle scelte è basata solo su convenienze pecuniarie e marketing ancora prima che su progetto tecnico-tattico, competenze e campo, tutto crolla. Dunque, l’inferno si è rivelato più caldo del previsto.

Con Maran – con altri due ingenti anni di contratto – che nel dopo Verona è rimasto in campana: nonostante i commenti sprezzanti alla presentazione di Zenga, senza le vittorie con Spal e Torino, l’avrebbero potuto richiamare in sella. Un flash che neanche nel teatro di Feydeau! Nel frattempo, senza Nainggolan (interprete che pur non al top, vale metà Cagliari), Pavoletti (bentornato!), Pellegrini, OlivaRog, Pisacane, Faragò, Ionita e Klavan a corrente alternata per acciacchi e problematiche varie con il club, con l’obbligo di mettere a regime i babies (Carboni, Ladinetti, Gagliano e Marigosu: benvenuti, ma occhio a quel che vi dicono!), con il recupero dei desaparecidos, per infortunio o forma non da A, Lykogiannis, Ceppitelli, Birsa e Mattiello, Walter Zenga, con la fianco Max Canzi, ha lavorato sodo. Dai primi di marzo nel bunker di Asseminello, per le mani un Cagliari da resuscitare e reduce da un filotto senza vittorie che riportava al 2 dicembre, 4-3 al 95′ sulla Samp. L’impresa si è rivelata complessa. Eppure, Deltaplano chiude tra le migliori difese nel post lockdown e ha mostrato idee di gioco (i tre passaggi per prendere la profondità con il 2-0 di Simeone a Buffon e soci campioni d’Italia) e organizzazione (ad esempio, il pari in dieci con il Sassuolo che ha tirato il triplo con l’Inter). Lo ha detto anche Joao Pedro. Ma il brasiliano goleador probabilmente verrà venduto. Amen.

Qual è il progetto? Il settimo posto l’ha blindato il Napoli con 62 punti. Diciassette più del Cagliari. Il club ha sempre detto, con Maran, che la rosa «è almeno da sesto posto». Poi, con Zenga, «da decimo». I rossoblù hanno chiuso quattordicesimi con 45 punti: il tanto bistrattato Rastelli rimane in cima agli annali della nuova gestione con l’undicesimo posto e le 47 lunghezze del 2017. Dalle parti di via Mameli continuano a rosicare. Ma il tema è un altro: il decimo posto è della Fiorentina con 49 punti. Ovvero, soldi e altri vantaggi in più. I media sintetizzano la stagione rossoblù: fallimentare, flop, ennesima sbandata progettuale. E siamo a bomba: la società parla di “nuovo progetto” con Eusebio Di Francesco in pole. Intanto, per chiunque arrivi il trattamento riservato a Maran e quello replicato con ZengaHo saputo alle 16 che mi avrebbero cacciato» le parole del tecnico, che però ha colto segnali fin dall’uscita del ds Carli a mezz’ora dal match con la Lazio all’Olimpico) verrà messo con voti pessimi nella casella riservata a professionalità, stile e trasparenza. Ma quel che terrà in allerta l’allenatore sarà la credibilità del progetto. Fallito con Zeman, ingarbugliato e svilito a spese di Zola e Festa, vincente con Rastelli (mollato in campo – con Miangue, Van der Wiel e Andreolli al posto di Isla, Murru e Bruno Alves – e fuori, tra faide e contentini da saldare), interlocutorio con Lopez (salvezza all’ultima giornata con vittoria choc a Firenze!), finalmente reimpostato con Maran, messo in croce dopo un avvio boom. Morale? Sarebbe adeguato pensare che il tifoso-sportivo sardo non possa sempre bere tutto. Dalle trovate commerciali alle icone ostentate e messe in vetrina. Si potrebbe partire dallo stare in serie A: per il Cagliari vale lo scudetto. Poco? Andate a dirlo a Bari, Livorno, Catania, magari Siena, Novara, Palermo, Vicenza o Avellino. Certo, sognare costa poco. Ma creare false aspettative causa quel che si è visto.

Dunque, meglio un percorso chiaro, proporzionato a realtà e investimenti. Condito da onestà intellettuale e chiarezza, immediata e in prospettiva: abc di qualsiasi strategia aziendale in ambito sociale, politico, economico. A questo proposito, è rumorosa l’assenza di una testa competente e pensante, capace di dire no alle castronerie, come quella di Stefano Filucchi. Il vicepresidente è uscito dai radar più o meno dallo scorso natale. Sarà coincidenza, ma il seguito è stato un baratro, pasticcio AdidasMacron incluso e ancora tutto da sviscerare. Poi, se si decide di dare solidità e forza a un progetto pluriennale, con step realistici, programmazione e condivisione adeguata, quel che occorre è innanzi tutto un supporto vero allo staff tecnico. Da scegliere, tutelare e difendere con continuità. Altrimenti, si andrà verso il già visto. Dal vivacchiare con salvezze a qualche turno dalla fine, rose sovradimensionate e con criticità, iniziative e maglie da vendere, Centenari e altri eventi da far luccicare. Serve un concreto cambio di passo. Anche perché la gente ha capito e capisce.
Contropiede va in vacanza, buone cose a tutti.

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