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Passetti: «Per il calcio ripartire vuol dire sopravvivere»

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Il direttore generale del Cagliari a tutto tondo sulla crisi del movimento calcio e sul momento della società rossoblù. Le parole di Mario Passetti

Una crisi epocale che ha coinvolto il pianeta non poteva lasciare indenne il calcio, che prova ora a ripartire dopo il lungo stop dovuto al Coronavirus. A tratteggiare lo scenario è Mario Passetti, che racconta speranze e timori. Il direttore generale del Cagliari Calcio è intervenuto ai microfoni di Radio Supersound nella trasmissione Squarciagol: «Un club di calcio è una società e va gestito come tale. L’aspetto sportivo è il più bello e spettacolare ma è solo la punta dell’iceberg rispetto a tutta la gestione che serve per amministrare una società in modo che resti sana. Questo periodo ha messo alla luce alcune fragilità del sistema e situazioni anche gravi soprattutto quando alle spalle non c’era la giusta solidità. Nel nostro caso per fortuna abbiamo potuto fare tesoro dell’accuratezza della gestione. Certo abbiamo avuto qualche sofferenza, d’altronde si è letteralmente fermato il mondo, ma ce ne accorgeremo meglio nelle gestioni future. Quando si discuteva sulla ripartenza e ci dichiaravamo favorevoli pensavamo soprattutto alle persone che grazie al calcio portano a casa uno stipendio normale. I nostri stessi dipendenti hanno dovuto fare sacrifici che abbiamo cercato di ridurre per quanto possibile, pur dovendo prendere decisioni sofferte ma obbligate. Il calcio non esisterebbe senza le tantissime persone che ci lavorano, ripartire è sopravvivere. Questa crisi ha portato alla luce delle criticità, ad esempio la dipendenza dai diritti televisivi in Italia è meno bilanciata rispetto ad altre realtà. Il Cagliari da questo punto di vista è virtuoso, nel bilancio la quota dei diritti tv è predominante ma meno che per altri club: negli anni abbiamo curato introiti alternativi, questo consente di tenere botta nei momenti difficili».

Passetti rivolge un pensiero anche ai tifosi, privati dei festeggiamenti per gli anniversari importanti del Cagliari e costretti a restare fuori dagli stadi: «Il centenario? Mi addolora pensare alle persone che avevano lavorato mesi per preparare tutti i festeggiamenti e poi hanno dovuto rimandare tutto. Loro e i tifosi si sono visti sfuggire qualcosa a cui tenevano tanto, ma speriamo di poterci rifare in un altro momento. Per adesso con le porte chiuse è un calcio con la c minuscola, perché il vero protagonista delle partite è il pubblico. Si comincia a permettere la circolazione pur con dei limiti, sono d’accordo col Presidente Giulini quando dice che si potrebbero aprire parzialmente gli spalti».

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