Cagliari, i pagelloni degli allenatori: Maran e Zenga deludenti -
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Cagliari, i pagelloni degli allenatori: Maran e Zenga deludenti

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I pagelloni del Cagliari 2019/20: gli allenatori. Maran croce e delizia, Zenga confusionario ma con attenuanti

MARAN 5.5: Per qualche mese è riuscito a far pensare al popolo sardo che, dopo varie annate anonime, la stagione del Centenario sarebbe stata memorabile. Poi di botto è scemata la magia: un lento declino ha riportato i tifosi con i piedi per terra, e ha obbligato Giulini a defenestrare il tecnico di Trento. Eppure Maran, a inizio anno, ha svolto un lavoro egregio riuscendo a creare una macchina quasi perfetta. Rispetto alla passata stagione ha apportato due cambiamenti sostanziali. Innanzitutto ha accantonato il pressing alto, spesso inefficace, in favore di un atteggiamento più attendista: il suo Cagliari resta compatto e aspetta l’avversario, lo induce a entrare dentro il campo per poi rubare palla e gestire al meglio la transizione cercando subito la verticalità. A ciò è conseguito un utilizzo meno esasperato del cross dalla fascia, reso infruttuoso dall’assenza di Pavoletti. Con questi accorgimenti ha potuto sfruttare al meglio i nuovi innesti: Simeone, Nainggolan, Nandez e Rog si sono dimostrati perfetti per il suo credo calcistico. A loro si aggiungono il brillante Joao Pedro, l’impenetrabile Olsen e una buona dose di fortuna, che ha permesso di raggiungere risultati insperati (vedi le trasferte di Roma e Napoli). E allora, cos’è andato storto? Quando la Dea Bendata si è interposta tra i rossoblù e la vittoria si sono sgretolate tutte le certezze del gruppo, Maran è entrato nel pallone e non è riuscito a sovvertire il trend. Il Cagliari è piombato in un vorticoso tunnel senza via d’uscita, arido in termini prestazionali e di risultati. Dopo Cagliari-Sampdoria solo 4 punti in 12 partite e nessun successo, troppo poco per una rosa del genere. Necessaria l’inversione di rotta, e il primo a pagare è sempre l’allenatore.

ZENGA 5.5: Valutare in maniera oggettiva la breve esperienza di Zenga nella panchina rossoblù è molto difficile. Dal momento del suo arrivo alla prima apparizione in campo ha dovuto attendere quasi 4 mesi, un’infinità. Non ha poi avuto l’occasione di lavorare a stretto contatto con il proprio gruppo e di conoscerne volti e dinamiche, se non per qualche settimana. Ha dovuto fronteggiare un momento unico nella storia del calcio, con un tambureggiante tour de force che ha rarefatto il lavoro tattico settimanale. A tutto ciò si sommano la serie di infortuni che ha falcidiato la rosa, soprattutto nel reparto mediano, e la mancanza di obiettivi della squadra, salva da dicembre ma al contempo parecchio distante dal treno per l’Europa. L’Uomo Ragno ha una serie di attenuanti che rendono impossibile una critica pungente. Allo stesso tempo, però, varie scelte hanno fatto storcere il naso ai tifosi rossoblù. Innanzitutto l’eccessivo camaleontismo tattico, culminato con i 6 cambi di modulo nel match casalingo contro l’Udinese. Un approccio attuato al fine di confondere gli avversari, che ha finito per stordire i propri uomini. In secondo luogo l’opinabile disposizione in campo di alcuni calciatori. Lykogiannis terzo di difesa, Ionita a tutta fascia e Birsa regista sono esperimenti da cui ci auguriamo non tragga ispirazione Di Francesco. Per concludere, una scarsa gestione della rosa alla luce degli impegni ravvicinati: Nainggolan, reduce da infortunio, spremuto per 5 partite di fila e infine succube di una ricaduta ne è l’emblema. A ogni modo, ha il merito di aver fatto esordire i vari Carboni, Ladinetti, Gagliano e Marigosu.

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