Tomasini: «Vi racconto il Cagliari che vinse lo Scudetto nel 1970» - ESCLUSIVA - Cagliari News 24
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Tomasini: «Vi racconto il Cagliari che vinse lo Scudetto nel 1970» – ESCLUSIVA

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In esclusiva ai microfoni di CagliariNews24 è intervenuto uno degli storici giocatori che vinsero lo Scudetto nel 1970: Giuseppe Tomasini

Giuseppe Tomasini, ex difensore del Cagliari dal 1968 al 1977, con cui vinse lo storico scudetto del 1970, è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni di CagliariNews24 proprio nel giorno dell’anniversario della vittoria di quel glorioso e storico campionato di Serie A.

Oggi è l’anniversario dello storico scudetto del Cagliari, cosa ricorda del 12 aprile 1970?
«E’ una giornata che finché campi non la scorderai mai. Quella è stata una grandissima impresa fatta in una terra come la Sardegna, se avessimo vinto a Torino o Milano sono regioni dove si vive in una città, noi rappresentiamo un’isola intera e tutto il popolo sardo erano i nostri tifosi, anche in trasferta venivano sempre in 5.000. Quando abbiamo vinto lo scudetto la Sardegna non era ben vista dal resto d’Italia, c’era il banditismo e altro. Prima di parlar male di un popolo, la Sardegna è un popolo, dovrebbero venire qui a vivere e conoscere le persone. La nostra squadra era talmente forte che ha superato tutte queste imprese difficili, in sette eravamo in Nazionale, la cosa più grande che abbiamo sfatato è stato battere i poteri economici di Juventus, Milan e Inter che comandavano allora come oggi sul calcio. Questa impresa fatta nella terra che amiamo e dove viviamo ancora in otto di quella grande squadra, ha un sapore speciale»

La vostra era una super squadra capace di vincere il titolo con una cavalcata perfetta. Ci racconta qualche aneddoto o segreto di quella stagione?
«Il segreto nostro era la grande amicizia che c’era tra tutti noi. Vivevamo in 6 nella foresteria: io, Riva, Domenghini, Nenè, Nicolai e Zignoli; gli altri 7/8 erano sposati e vivevano per conto loro. Abbiamo creato questa enorme amicizia tra di noi e l’abbiamo trasmessa in campo, ma bisognava avere anche la concretezza di poter vincere il campionato. Lo scudetto non è una cosa semplice da vincere, noi allora ci abbiamo creduto e forse nella stagione 68/69 eravamo anche più forti ma ci mancava la convinzione di poter vincere, che è arrivata l’anno dopo e ci ha permesso di ottenere il tricolore. L’amicizia ci ha sempre legato, eravamo pronti l’uno per l’altro: ricordo a Napoli quando Panzanato fece qualcosa a Gori arrivò subito Nenè a dirgli “ti spezzo le gambe”, eravamo tutti uniti e ci aiutavamo a vicenda dentro al campo. Avevamo amore per questa maglia, nessuno ha mai baciato lo stemma ma l’abbiamo amata con i fatti. L’anno dopo se non si fa male Riva avremmo nuovamente lottato per lo scudetto, l’ambiente sardo è il migliore per giocare a calcio perchè il tifoso cagliaritano non ti fischia, piuttosto che fischiare non va al campo: è un tifoso doc. Fuori dalla foresteria ci incontravamo prima della partita, Scopigno parlava e faceva la tattica, prima di arrivare all’Amsicora vedevi la gente festante andare allo stadio perchè era un momento di gioia»

Uno dei grandi protagonisti di quel Cagliari fu Gigi Riva, com’era viverlo nella quotidianità?
«Gigi l’ho vissuto sempre, è stato anche mio testimone di nozze ed eravamo sempre iniseme. E’ una persona seria e onesta, eravamo tutti in foresteria e il nostro legame è cresciuto tantissimo. Mangiavamo sempre insieme pranzo alle 12:30 e cena alle 19:30, ovviamente gli scapoli della squadra, ma tutti facevamo una vita giusta. Lo Scudetto è l’unione di tutti e tutti erano bravi. Riva dopo l’allenamento ricordo che restava al campo a calciare in porta ad Albertosi, poi la domenica faceva gol: su 10 tiri almeno 9 finivano nello specchio della porta. Era un condottiero, ci aiutava tutti e veniva sempre dietro a saltare di testa con molta umiltà, avere lui in campo ti dava forza e fiducia»

Attualmente il Cagliari si trova in acque poco tranquille in chiave salvezza, cosa dovrebbe fare per restare in Serie A?
«Io tutte le domeniche vado allo stadio e credo che il Cagliari si salverà, hanno determinazione e voglia di raggiungere l’obbiettivo ma devono combattere in queste partite che restano giocandole alla morte. Devono unirsi tra di loro, la retrocessione sarebbe un fallimento di società e giocatori stessi, ma hanno tutte le qualità per salvarsi; contro la Juventus hanno preso un gol ingenuo, quello di De Ligt, il difensore del Cagliari era lontano cinque metri dallo juventino che ha colpito indisturbato. Ai miei tempi si giocava a uomo e non a zona, cosa che dovrebbero fare anche ora se vogliono salvarsi»

Dovesse dare un consiglio alla dirigenza per il prossimo anno, salvezza permettendo, cosa direbbe? Consiglia qualche giocatore?
«Io non sono nessuno per dare consigli alla società, c’è chi è più intenditore di me. Personalmente direi che mancano tre elementi: un attaccante da affiancare a Joao Pedro che faccia almeno 10 gol, perchè il numero 10 attualmente si sta scannando per reggere il peso dell’attacco. In secondo luogo serve un regista a centrocampo, speriamo che Rog possa recuperare al meglio perchè è uno che sa fermare le azioni avversarie e far ripartire la manovra. Infine serve un difensore centrale molto forte, o forse anche due»

SI RINGRAZIA GIUSEPPE TOMASINI PER LA CORDIALITA’ E LA GENTILEZZA NEL CONCEDERE QUESTA INTERVISTA NEL GIORNO DELL’ANNIVERSARIO DELLO SCUDETTO

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