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Provocazioni, razzismo e ipocrisia

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Il caso Moise Kean, dopo l’esultanza provocatoria sotto la curva nord del Cagliari, è esploso tra razzismo e ipocrisia

Prima di parlare dei fatti riguardanti Moise Kean ieri alla Sardegna Arena è doveroso fare due premesse. La prima è che chi ieri non era presente allo stadio dovrebbe astenersi da ogni tipo di commento o accusa, dal momento che la televisione offre solamente una parziale audiovisione dell’evento. Invece sulla vicenda – che ha fatto il giro del mondo – chiunque ha detto la propria opinione anche senza aver visto o ascoltato un singolo minuto della partita. La seconda è che il razzismo e gli ululati sono sempre da condannare. E i pochi “bu” e ululati ieri alla Sardegna Arena si sono sentiti solamente dopo quell’esultanza quanto mai provocatoria di Moise Kean.

È facile nascondersi dietro al razzismo, quando tutti – compagni e avversari – hanno detto a fine partita che il ragazzo diciannovenne ha sbagliato. Un errore di gioventù che speriamo possa aiutarlo a crescere e non seguire l’esempio di chi, sotto quella stessa curva nord del Cagliari, ha compiuto gesti ben più provocatori e condannabili (ogni riferimento a Mario Balotelli non è puramente casuale). Esultare in quel modo, con le braccia aperte e lo sguardo di sfida a pochi passi dal settore avversario non può però non rientrare nell’elenco delle provocazioni (e da regolamento sarebbe stato da ammonire). Non ci si può aspettare nemmeno una reazione diversa, tra fischi e insulti, fermo restando che i pochi che si sono spinti oltre andrebbero severamente puniti.

Anzi, guardando un precedente che riguarda proprio il Cagliari, si può anche dire che i tifosi rossoblù si sono anche contenuti. Nel 2015, a Salerno, Tello fu vittima di lanci di bottigliette e bicchieri dopo un ballo alla bandierina che di provocatorio – al contrario di Kean – non aveva nulla. In quel caso il centrocampista colombiano fu addirittura espulso, dopo essere stato inseguito da diversi giocatori della Salernitana. Oltre il danno la beffa.

Non si può pretendere rispetto senza dare rispetto. E di rispetto Kean ne ha avuto poco. Anche il post su Instragram («Il miglior modo di rispondere ai razzisti») non è una giustificazione, dal momento che “bu” e ululati sono arrivati dopo il suo gesto. Così come non sono giustificabili i versi razzisti arrivati poco dopo. Cagliari non è una tifoseria razzista, anche se ogni tanto qualcuno prova a farla passare per tale. I pochi imbecilli sono ovunque e come dice Allegri «Vanno presi con le telecamere e cacciati, senza andare a parlarne continuamente in televisione». E non vale nemmeno tirare fuori il caso di Matuidi dell’anno scorso, quando poi alla fine non fu preso nessun provvedimento perché “le medesime espressioni non risultano essere state percepite né dal Direttore di gara né dai collaboratori della Procura federale né dal GOS, come da relazione depositata agli atti di questo Ufficio, e pertanto, visto l’art. 11 comma 3 CGS, non possono essere oggetto di sanzione”. Scopriremo nei prossimi giorni quale sarà la decisione del Giudice Sportivo e se l’esito sarà diverso o verrà data ragione al presidente Giulini, che ha immediatamente chiarito che se al posto di Kean avesse esultato in quel modo qualsiasi altro giocatore la reazione della curva sarebbe stata la stessa.

Più che ululati e “bu” razzisti, per 90′ i giocatori della Juventus sono stati fischiati, dal primo all’ultimo, da Bernardeschi ad Alex Sandro, da Chiellini a Kean, da Bonucci a Matuidi. Fischi che si avvertono contro ogni avversario e che di razzista non hanno proprio nulla. Invece il caso è esploso, con la solita ipocrisia che fa passare per razzista qualsiasi tipo di fischio e/o insulto verso un giocatore di colore mentre per gli altri è semplice sfottò da stadio. Senza capire che nella maggior parte dei casi i fischi arrivano per il colore della maglia non per quello della pelle.

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