Aresti: «Finalmente il Cagliari, ora sono pronto» - FOTO - Cagliari News 24
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Aresti: «Finalmente il Cagliari, ora sono pronto» – FOTO

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Simone Aresti si (ri)presenta: «Vicino al Cagliari anche in passato. Ho fatto tanta esperienza, ora sono pronto»

A Cagliari è calcisticamente nato e cresciuto Simone Aresti, che undici anni fa ha anche esordito in Serie A con la maglia rossoblù. Poi tanti altri colori sul petto, ma senza mai veder scolorire il rosso e il blu dell’anima. Pistoiese, Alghero, Savona, Pescara, Ternana, quindi il riavvicinamento con la stagione di Olbia ed ora finalmente il ritorno a casa. Oggi Aresti si ripresenta da rossoblù, affianca Cragno e Rafael nella squadriglia di numeri uno agli ordini di Maran. Nel primo pomeriggio il portiere classe ’86 è stato presentato ufficialmente alla stampa, di seguito le sue parole.

RITORNO A CASA – Aresti riparte da dove aveva lasciato, anche in conferenza stampa l’esordio riguarda il ritorno al Cagliari: «È bastato un incontro con il presidente per sancire il mio ritorno a Cagliari. Da quando sono andato via è stato il mio sogno e il mio obiettivo in questi anni. A livello societario è cambiato tutto. Ora c’è una società più organizzata. Io sono un altro portiere. Ho fatto tanta esperienza in giro per l’Italia, tra C e B. Sono da un po’ che non segno, spero di sbloccarmi quest’anno (ride, ndr). Mi piacciono molto Handanovic e Marchetti, con cui ho avuto la fortuna di allenarmi. Mi piace Alisson, ma anche altri. Prendo spunto da tutti. Sapevo di venire qua come terzo, la società me l’ha detto chiaramente. Sono indietro rispetto a Cragno e Rafael. Entro in punta di piedi perché sono due portieri fortissimi. Cragno è uno dei migliori portieri italiani, Rafael ha tantissime presenze in A. Io lavorerò tranquillamente e mi farò trovare pronto se ce ne sarà bisogno».
IL MOMENTO GIUSTO – «Io ho vinto due campionati, arrivo qua a 32 anni e ho ancora 7 anni di carriera davanti. È l’occasione giusta? Sì, arrivo nel momento giusto. Per un portiere sardo è tosta giocare con la maglia del Cagliari, ora credo di essere pronto. 
Mi ricordo quando Giampaolo mi disse che avrei giocato ad Ascoli non ho dormito tutta la notte. A quell’età non hai la personalità e l’esperienza. Non ero pronto».
IL PASSATO – «Gli allenatori sardi? Mereu e Corda hanno entrambi fame di vincere, hanno vinto tantissimo nelle categorie più basse. Sono grandi allenatori che hanno raccolto meno di quanto meritassero. Giocare tanto tra i professionisti mi ha formato. Sarà una bella emozione se dovessi giocare in questo stadio con la maglia del Cagliari. Anche venire col Pescara è stato bello. Pescara è stato il mio punto di svolta. Ho fatto una finale playoff e poi vinto un campionato, però mi sono infortunato. Sono stati insieme agli anni con la Ternana quelli più belli e più importanti per la mia formazione. Andare ad Olbia in C è stata dura. È difficile scendere di categoria. Olbia ha un progetto particolare, con tanti giovani, che a quei livelli non fa nessuno. Abbiamo fatto un bel campionato. Stanno facendo una gran cosa. Quasi tutti gli anni sono stato vicino a tornare. Anche il primo anno a gennaio quando poi è arrivato Brkic, anche in B con Capozucca. Finalmente ce l’ho fatta. O quest’anno o mai più».
IL FUTURO PROSSIMO – «Il salto in Serie A è tanto. Dalla C alla A è un altro sport, la palla va 100 volte più veloce, i giocatori pensano più velocemente e gli attaccanti sono più forti. Credo di poter colmare il gap con gli altri due a fine ritiro, con tanto lavoro. Fuori sono sempre stato bene e trovato bene in tutte le piazze in cui sono stato. Tornare in Sardegna ha reso felice anche la mia ragazza. Le mogli sono importanti per noi calciatori, ci permettono di riposarci dopo lo stress accumulato in campo. Anche mio figlio, che è nato fuori, potrà crescere in Sardegna. La Sardegna Arena? Fa venire i brividi, è una bella struttura, con i tifosi così vicini. Melchiorri? Lo sento spesso, ma parliamo di tutto tranne che di calcio. Andrà a giocare vicino a casa, sono contento per lui anche se non saremo compagni di squadra».
Dal nostro inviato Roberto Carta

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