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Cagliari-Maran, storia di un progetto affondato

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Si inabissa il Maran-bis: l’esonero segna la fine dell’unico progetto rossoblu, in tempi recenti, che aveva le potenzialità per essere di lungo corso

Il 7 giugno 2018 il Cagliari annunciava l’arrivo in panchina di Rolando Maran. Una scelta dettata dall’esigenza di operare un taglio netto con il passato recente ed aprire un ciclo pluriennale. Un ciclo che, dopo poco più di una stagione e mezza, è già terminato. Al tecnico trentino, capace di guidare la squadra nelle zone alte della classifica nella prima parte di torneo, costa caro il calo iniziato a fine novembre. Il 2 dicembre scorso l’ultima vittoria in campionato, poi il crollo. Certezze sgretolate poco a poco, gioco involuto ed emorragia di risultati. Una situazione difficile da gestire, che il club prova a risolvere cambiando guida tecnica. La più classica delle scosse nel mondo del calcio.

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Oggi, quella che sembrava destinata ad essere una stagione memorabile – anche per via della coincidenza con centenario del club e ricorrenza dei cinquant’anni dallo scudetto – si avvicina più ad un horror. Il Cagliari odierno appare lontano anni luce da quello che violava l’Atalanta a domicilio o strapazzava la Fiorentina alla Sardegna Arena. Tra le colpe di Maran, forse quella decisiva, c’è l’incapacità di rialzare la testa. Il tecnico trentino, ancora oggi, rappresenta un punto di partenza di un progetto che ora è in balìa degli eventi. Una guida che avrebbe dovuto iniziare un percorso per arrivare ad un’identità di gioco chiara, ma allo stesso tempo in grado di gestire eventuali – ed immancabili – momenti neri. Era stato scelto anche per questo, in quel giugno 2018: nella testa di Giulini e Carli, Maran sarebbe dovuto essere l’anello di congiunzione tra i travagliati periodi precedenti ed il futuro, che nel giro di pochi anni avrebbe dovuto vedere il Cagliari stabilmente nella parte sinistra della classifica. Ed il progetto ha preso piede, con relativi alti e bassi. Ma quella che dura da oltre tre mesi si è rivelata una crisi irreparabile e la scelta del club appare la più logica.

Posto che le colpe del tecnico, apparso poco lucido in più di un’occasione (soprattutto nelle ultime settimane), sono evidenti, va sottolineato che non si tratta dell’unico colpevole. Non è l’artefice di tutti i mali rossoblu, anche se ormai da tempo parte della piazza l’ha battezzato tale. Maran non è il capro espiatorio, e Zenga non è il salvatore. Piuttosto, una scelta quasi forzata. Difficile, ad oggi, anche solo ipotizzare che piega prenderà la stagione del Cagliari. Persino trovare una logica di lungo periodo nella scelta del nuovo tecnico appare poco agevole. E’ chiaro che siamo di fronte ad una situazione da risolvere rapidamente e che il ventaglio di opzioni, nella fascia di budget degli isolani, fosse parecchio ristretto. In attesa di conoscere se la famosa (quanto necessaria) scossa ci sarà, resta tanto rammarico per come si sono evolute le cose in casa Cagliari. Dal sogno Europa al caos, con l’aggravante di un progetto potenzialmente di lungo periodo inabissato.

Ecco: forse, più delle possibilità europee in frantumi, resta il rammarico di dovere – per l’ennesima volta – ricominciare da capo. Da quel giugno 2018 il Cagliari è cresciuto tanto. Toccando l’apice con l’exploit della passata estate, che ha visto la rosa rinforzata da elementi di notevole spessore. Una crescita verticale a cui è corrisposto un naturale aumento delle aspettative. Aspettative che Maran non è riuscito a soddisfare. Il crollo, letterale, della squadra negli ultimi mesi è dovuto anche a questo: il Cagliari è cresciuto – anche più di quanto programmato ad inizio progetto -, Maran no. Non abbastanza per poter gestire questa squadra e le pressioni che inevitabilmente si sono sedimentate sulle spalle dei giocatori. Ed alla fine ha prevalso la linea dell’esonero, pur consci che avrebbe fatto affondare un progetto su cui si lavorava da un anno e mezzo.

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