Boninsegna: «Al Cagliari passai tre anni splendidi. Vi racconto della rissa a Skopje» - Cagliari News 24
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Boninsegna: «Al Cagliari passai tre anni splendidi. Vi racconto della rissa a Skopje»

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Ha parlato l’ex giocatore del Cagliari, Roberto Boninsegna: fra ricordi, aneddoti e retroscena su Gigi Riva. Le parole

Parola a Bonimba. Ha parlato Roberto Boninsegna pressi i microfoni de La Stampa. L’ex giocatore del Cagliari (80 anni lo scorso 13 novembre) si racconta: fra aneddoti, retroscena, scazzottate, Gigi Riva e non solo. Ecco uno stralcio delle sue dichiarazioni:

CAGLIARI – «Non volevo andare, troppo lontano ed ero figlio unico, invece ho vissuto tre anni splendidi».

GIGI RIVA – «Nessuno voleva dividere la stanza con lui perché fumava tanto, io accettai e legammo subito. Ci muovevamo sempre insieme, il problema era che la macchina l’aveva lui…».

RETROSCENA GIGI RIVA – «Amava la velocità, roba da far paura. E non c’era modo di farlo rallentare. Ogni tanto ci inseguivano i poliziotti, ma finiva che chiedevano l’autografo».

RISSA – «Skopje, Mitropa Cup: ci fu invasione di campo e noi due, dall’altra parte in attacco, arrivammo all’ingresso degli spogliatoi per ultimi mentre Nené, impaurito, aveva chiuso la porta. Non ci restò che menare pugni, ne abbiamo prese ma tre o quattro tifosi del Vardar li abbiamo stesi. Senza smettere un momento di insultare Nené che alla fine ci aprì».

CESSIONE – «Avevamo chiuso al secondo posto dietro la Fiorentina, ma il Cagliari doveva far cassa e Riva era intoccabile. “Mi muovo solo per l’Inter” dissi e mi accontentarono. Anche perché in cambio arrivarono Gori, Poli e Domenghini».

SCUDETTO CAGLIARI – «E io arrivai di nuovo secondo, ma mi rifeci nella stagione successiva: primo posto e primato trai bomber, il giorno del tricolore matematico. Contro il Foggia, segnai il più bello dei miei gol: rovesciata su cross di Facchetti, sento ancora il boato».

LA MAXI SQUALIFICA – «Undici giornate, poi ridotte. Giocavo nel Cagliari, un mio tiro diretto in porta fu respinto di pugno da un difensore, circondammo l’arbitro che non aveva fischiato e a me rimase in mano un pezzo della giacca. Però alla lezione non credo: penso più a un appiglio, Valcareggi non mi vedeva».

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