Vaccino ai calciatori: un messaggio che va oltre la questione morale
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Vaccino ai calciatori: un messaggio che va oltre la questione morale

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In vista degli Europei gli Azzurri saranno tra i primi calciatori a ricevere il vaccino: dibattito aperto tra chi li considera privilegiati e chi invece ne sottolinea il ruolo da testimonial

Il vaccino ai calciatori diventerà molto presto una realtà. Quanto meno per una trentina di “azzurrabili” indicati dal Commissario Tecnico Roberto Mancini nella lista dei possibili convocati per gli Europei. Nei prossimi giorni è infatti prevista la somministrazione della prima dose con lo Spallanzani di Roma e l’Humanitas di Milano come centri nevralgici.

D’altro canto il diktat della UEFA, sulla scia di quanto stabilito anche dalla Conmebol per la Copa America, non lascia spazio alle interpretazioni. L’obiettivo è quello di ridurre al minimo il rischio contagio in un’edizione ad alto coefficiente di difficoltà, considerando il cammino itinerante della competizione.

Favorevoli e contrari accendono il dibattito su una vicenda che, da qualsiasi lato la si guardi, ha indubbiamente ragioni da vendere. Che i calciatori non rappresentino una categoria prioritaria pare superfluo ricordarlo, ma al tempo stesso chi ne critica i privilegi sottovaluta la potenza del messaggio.

Non a caso più di un giocatore è stato testimonial d’eccezione delle campagne vaccinali di varie regioni. Ma se ogni giorno migliaia di dosi vengono ancora rifiutate dai cittadini, significa che incertezze e insicurezze albergano nelle menti di numerose persone.

Per carità, che viva sempre il libero pensiero, ma forse immunizzando in massa tutta la Serie A nei mesi scorsi avremmo azzerato o quasi i contagi, dimostrando anche con i fatti quanto il vaccino sia necessario per riappropriarci almeno un pochino delle nostre vite.

Ben venga dunque un Euro 2020 covid free, esattamente come dovranno essere le Olimpiadi di Tokio. Per la salute degli atleti, evidentemente maggiormente sottoposti al rischio contagio, ma soprattutto per un’opera di sensibilizzazione popolare che non è (e forse non sarò mai) del tutto compiuta in Italia.

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