Champions League gattopardesca: dal PSG alla Juve, è una questione di DNA
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Editoriale

Champions League gattopardesca: dal PSG alla Juve, è una questione di DNA

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Gli ottavi di finale hanno confermato una regola non scritta della Champions League: senza DNA europeo, la batosta è dietro l’angolo

Il desiderio di cambiamento e di modernità della Champions League ha fatto ancora una volta a cazzotti con i risultati del campo, in qualche modo spesso e volentieri fedeli a loro stessi. Perché quando il gioco si fa duro, gira e rigira si finisce per incontrare sempre gli stessi gagliardetti e le stesse facce. 

Indubbiamente il fallimento con la “F” maiuscola di questi ottavi ha una targa ben precisa e ci riconduce dritti dritti in direzione Parigi. Il club più mediatico, lussuoso e forse detestato del Vecchio Continente per l’ennesima stagione si ritrova a leccarsi le ferite. Malgrado l’investimento da un miliardo e mezzo di Euro, malgrado l’ingaggio stellare di Messi, per quanto in evidente declino, e malgrado un tridente senza paragoni nella storia del calcio con Neymar e l’astro Mbappé.

Eppure il sodalizio del furente Al Khelaifi ha di nuovo alzato bandiera bianca, anche dopo aver dominato il campo in lungo e in largo per una partita e mezza. Ma si diceva, quando il gioco si fa duro, qualcosa finisce sempre per saltare per aria. E così ecco BenzemaAncelotti e il Real Madrid hanno riscritto la storia di un abbinamento che sembrava poter finire in maniera ben diversa. A fare la differenza non il vil denaro ma qualcosa di più difficilmente tangibile, ovvero il DNA. Perché è la storia delle competizioni europee a parlare un “gattopardesco stretto”: cambiare tutto per non cambiare niente.

Ed è purtroppo un ragionamento che è impossibile non estendere anche alla Juve, vittima ancora una volta di una specie di maledizione che la affligge da quattro anni in maniera desolante. Ma è in realtà la storia bianconera troppo avara di soddisfazioni internazionali per credere nella casualità o nella cattiva sorte. Questione di pressioni e di saperle reggere, questione di mentalità che si fatica a cambiare.

Certo, poi esistono anche gli exploit e le stagioni magiche, capaci di sbugiardare decenni di tradizioni. Insomma, adesso tocca al Manchester City ribaltare il mondo. O confermare che la Champions League non è (e forse non sarà mai) per tutti.

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