Caso plusvalenze, dopo le sentenze ci resta solo lo sconforto
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Editoriale

Caso plusvalenze, dopo le sentenze ci resta solo lo sconforto

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Il famigerato caso plusvalenze è andato in archivio senza colpevoli: dunque era tutto lecito per davvero o qualcosa ci è sfuggito?

Anche il secondo round del caso plusvalenze è dunque un capitolo chiuso, con la sentenza di proscioglimento per tutti gli imputati. La Corte d’Appello Federale ha infatti respinto il ricorso della Procura FIGC e confermato quanto già era emerso in primo grado.

Concetto fondante delle motivazioni, la sostanziale impossibilità nel definire oggettivamente il valore di mercato dei giocatori. Discorso opinabile, perché se da un lato è vero che ogni club ha legittimo diritto di richiedere qualsiasi cifra è altresì evidente che strumenti di valutazione il mondo del calcio moderno e iper professionale ne abbia infiniti.

Ma soprattutto è una sentenza che stride con il buon senso. E non tanto per le cifre gonfiate dei calciatori più affermati, quanto per quelle evidentemente inspiegabili dei tanti semisconosciuti finiti nel mirino delle indagini. Giovani e meno giovani che i sei zeri non potrebbero e non dovrebbero averli nemmeno con qualche trucco contabile di Football Manager.

Eppure ancora una volta si è preferito spostare la polvere sotto il tappeto, senza difendere realmente la giustizia e lasciandoci soltanto un senso di sconforto. Perché al di là degli inutili campanilismi, la massiccia e diffusa pratica delle plusvalenze fittizie è stata il male (incurabile, evidentemente) dell’ultimo ventennio.

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