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Acquafresca: «Per restare al Cagliari ho fatto la guerra con tutti» – ESCLUSIVA

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A tu per tu con Robert Acquafresca: l’ex attaccante rossoblù ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni nella trasmissione Casa CagliariNews24

Un ospite graditissimo a Casa CagliariNews24, la trasmissione che ogni giorno tiene compagnia ai nostri lettori sulla pagina Facebook. Robert Acquafresca ha bisogno di poche presentazioni: attaccante del Cagliari per tre stagioni (2007/08, 2008/09 e 2010/11), ha segnato 39 gol in rossoblù. Tra ricordi delle sue stagioni a Cagliari, qualche retroscena e non solo: la nostra esclusiva con Acquafresca.

IL FILMATO DELL’INTERVISTA

Ciao Robert, iniziamo da quella salvezza pazzesca del 2008 con Ballardini in panchina?
«La stagione era partita anche bene, con la prima vittoria a Napoli. Poi dopo qualcosa si è rotto per un po’ di tempo. Fino a gennaio avevamo fatto 13 punti. Non era un ruolino di marcia bellissimo, anzi tutti ci davano per spacciati. Ballardini ha avuto la bravura di trovare l’assetto giusto con Cossu dietro le punte e abbiamo iniziato una cavalcata meravigliosa».

Anche il Cagliari di quest’anno ha avuto uno stop, dopo un girone d’andata da traguardi ambiziosi.
«Credevo come minimo all’Europa League. Era un Cagliari che aveva fatto risultati per 13 partite consecutivi. Poi è rimasto senza vittorie per una decina di partite. Purtroppo chi ne paga le conseguenze in questi casi e l’allenatore. Vai a capire cos’è successo dentro lo spogliatoio, se è successo qualcosa o c’era solo bisogno di dare un segnale».

C’è il rimpianto di non essere rimasto più tempo a Cagliari? Il Robert Acquafresca visto in Sardegna poi non è riuscito a ripetersi in altre piazze…
«Sono d’accordo. Per il rimpianto che ho però non posso accusare me stesso. Per restare a Cagliari io ho fatto la guerra con tutti, soprattutto quando sono tornato la seconda volta. Quando sono andato via la prima volta, dopo il primo anno di Allegri, ero in prestito dall’Inter. Il Genoa quando mi ha acquistato mi ha detto che mi avrebbero mandato in prestito all’Atalanta perché avevano già preso Floccari e Crespo. Io ho detto “perché l’Atalanta? Lasciatemi a Cagliari”. Ma mi hanno risposto che il Cagliari non avrebbe dato ciò che volevano. Ero anche disposto a lasciare io quello che serviva, ho insistito ma non se n’è fatto niente. L’anno dopo ho fatto la guerra: ho rifiutato Monaco, Lazio e Napoli per tornare a Cagliari, rinunciando a tanti soldi dello stipendio. Avevo già l’accordo per 5 anni. Il peccato è che Cellino abbia litigato con Preziosi, facendo saltare tutto. Era già tutto fatto, non è mai stato un problema di soldi».

Acquafresca fa parte di un gruppo di calciatori che sono passati a Cagliari e hanno creato un legame forte con la Sardegna. È una terra speciale?
«Chiunque venga a Cagliari non può che apprezzare la Sardegna. La Sardegna non è solo il mare. Ci sono delle montagne stupende. Un turista viene qui solo per il mare, ma ci sono altri posti al centro della Sardegna che non si vedono da tutte le parti. Forse è anche questa la bellezza dell’Isola, lasciamola ancora incontaminata».

Qual è la gara a cui sei più affezionato di quelle giocate a Cagliari?
«Ce ne sono diverse. I ricordi sono tanti e sono belli. Se ne devo scegliere una dico Livorno-Cagliari del 2007/08. Avevamo fatto una cavalcata meravigliosa, però senza punti in quella partita tutti i sacrifici sarebbero stati vani. Dopo 60 secondi fece gol Galante e io e Cossu abbiamo portato la palla a centrocampo guardandoci come per dire “ecco, adesso è finita”. Invece abbiamo ripreso a macinare gioco. Io ho fatto due gol, abbiamo vinto la partita, prendendo anche quattro pali. Li abbiamo distrutti, poteva finire 6-1. Dopo quella vittoria era tutto in discesa. Sì, dovevamo affrontare un altro scontro salvezza contro l’Empoli, però in casa eravamo diventati quasi imbattibili. Bastavano gli sguardi prima di entrare in campo per vincere la gara già nel tunnel degli spogliatoi. Poi c’è stata la vittoria di Udine e ci siamo salvati addirittura con una giornata d’anticipo».

E il tuo gol più bello è stato quello segnato a Livorno o ne hai in mente qualcun altro?
«Quello a Livorno è stato bello. Però anche quello col Genoa al volo, sempre nella stessa stagione, quelli al Torino e al Chievo… Ecco, forse il più bello è stato quello con il Chievo, perché è uno dei pochi che ho segnato da fuori area. Io ero più un attaccante da area di rigore. I tiri da fuori li lasciavo solitamente a Cossu e Conti».

I gol che Acquafresca ha fatto l’Inter avevano qualcosa in più?
«Sicuramente sì. Era l’Inter che stava per vincere il Triplete, ero anche di loro proprietà, quindi ero orgoglioso. Sicuramente i gol segnati all’Inter avevano un sapore in più. A San Siro ne ho sbagliato uno grandissimo, probabilmente avremmo vinto la partita perché contro di noi quella sera avevano faticato tanto».

Qual è stato il compagno più forte con cui hai giocato?
«Non sarebbe riconoscente da parte mia non fare i nomi di Cossu e Fini. Fini soprattutto è stato uno dei giocatori più sottovalutati, poteva fare una carriera ben diversa. Aveva qualità e quantità, un bel piede e mi ha fatto fare tanti gol. Matri ha fatto una grande carriera, Jeda lo stesso era fortissimo. Fuori da Cagliari posso dire Diamanti, Palacio, in Under 21 ho giocato con Giovinco, Giuseppe Rossi, Balotelli, Marchisio. Quando rientravo dalla Nazionale, avevo sempre qualcosa in più perché imparavo qualcosa di nuovo da compagni che giocavano la Champions».

Passando all’attualità, si parla di terminare il campionato e di tagliare ingaggi. Che idea ti sei fatto?
«La mia idea è che il calcio verrà portato a termine. Non si sa quando, forse da fine maggio e inizi di giugno. Ci sono troppi interessi in ballo. Magari si giocherà ogni 4 giorni per terminarlo il prima possibile per ripartire poi con la prossima stagione alla normalità o quasi, dando anche tempo ai giocatori per una vacanza. Ora non giocano, ma non sono in vacanza. Mi sento con alcuni compagni e loro si allenano in casa, anche perché sanno di dover tornare in campo. Poi è anche giusto guardare all’Italia in generale. Non è un bel momento. Penso anche alle dirigenze delle società di calcio che hanno fatto beneficenza. Non ci sono da limare solamente gli ingaggi, com’è giusto che sia visto che gli introiti nel calcio ora sono minori».

Serve prima di ripartire anche una nuova piccola preparazione?
«Per me sì, è passato comunque tanto tempo. Basta una settimana di relax per perdere l’80% di quello che hai fatto prima. Ora è passato un mese. Il campo è un’altra cosa: il pallone, le distanze, i compagni… Serve un mini ritiro».

Acquafresca si rivede in qualche giocatore del Cagliari attuale? C’è qualcuno che ti piace in particolare?
«A livello generale, mi piace molto Rog. Quando manca, si sente la sua assenza. Nainggolan sarebbe troppo banale da dire. In attacco, dispiace per l’infortunio di Pavoletti. Mi verrebbe da fare il suo nome per caratteristiche simili alle mie. Anche io di testa ho fatto diversi gol, anche se non quanti ne ha segnati lui. Poi c’è Joao Pedro che stava facendo una stagione straordinaria».

Ti è arrivata qualche chiamata per tornare a giocare? Magari anche dalla Sardegna?
«Sono arrivate diverse telefonate, anche fuori dalla Sardegna. A gennaio c’è stata un’offerta dalla Cina, prima che scoppiasse l’emergenza. Non me la sono sentita di accettare. I soldi sono importanti, ma nella vita ci sono delle priorità. Ho due bambini e non bisogna fare delle scelte egoistiche. Dopo 11 anni di Serie A in Italia, 2 anni di Serie A in Svizzera e 2 in Serie B con un campionato vinto, uno la carriera l’ha costruita. Se devo finire, finisco con dignità. Non che andare in C non sia dignitoso, ma ho fatto un certo tipo di percorso. Se ci fosse stata la possibilità di andare a Olbia sempre restando nel giro del Cagliari, l’avrei presa in considerazione».

Nel Cagliari di quest’anno quanto ha contato la presenza di Nainggolan?
«Radja è partito da Cagliari e lo deve riconoscere. Gli ha dato quello slancio per andare alla Roma e poi all’Inter. In quelle squadre gli è entrata in testa la mentalità di vincere anche in allenamento. Penso che questa cosa l’abbia portata anche a Cagliari. I suoi compagni l’hanno riconosciuto e l’hanno seguito. Si è visto davvero tanto. L’asticella si è alzata anche per quello».

Nainggolan a Cagliari ha ritrovato la brillantezza che gli era mancata negli ultimi tempi. C’è una simbiosi particolare tra alcuni giocatori e alcune piazze?
«Sicuramente, io penso di essere uno dei casi più eclatanti. A Bologna mi mettevano in panchina dopo due partite senza segnare. Uno entra in campo sapendo che la sua fiducia è a tempo. A Cagliari la fiducia nei miei confronti non era illimitata, però anche se giocavo bene senza segnare ti veniva riconosciuta la prestazione. In altri posti questo non ti è concesso».

Domenica abbiamo festeggiato i 50 anni dello scudetto del Cagliari. Anche chi ha indossato dopo quella maglia, come Acquafresca, sente che c’è qualcosa in più nella storia?
«Grazie a loro, per fortuna sì. Indossi la maglia di una squadra che ha vinto il campionato italiano. Per la Sardegna è stato importante e anche molto difficile. Il Cagliari non è l’Inter, la Juve o il Milan. Penso sia tanta roba».

Sei tornato a giocare a Cagliari per il Conti Day e per la partita d’addio al Sant’Elia. Quanta nostalgia hai avuto?
«Tantissima. Io penso a mio figlio, che è cresciuto ed è diventato consapevole di ciò. Per me è un orgoglio vedere lui sugli spalti, la gente che mi vuole bene. Giocare in quello stadio anche se per una partita come quella d’addio di Daniele o il saluto al Sant’Elia è stata un’emozione fortissima».

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