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Ranieri: «Se dovessimo andare in Serie A, molto dipenderà dai tifosi, non finirò mai di ringraziarli»

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Le parole dell’allenatore del Cagliari Claudio Ranieri in una lunga intervista: ecco le parole dell’allenatore rossoblù

Ha parlato l’allenatore del Cagliari Claudio Ranieri in una lunga intervista rilasciata presso i microfoni de L’Unione Sarda. Ecco uno stralcio delle dichiarazioni dell’allenatore rossoblù:

CAGLIARI E LA CITTA’ – «Non posso dire mi ha colpito di più. E neanche posso dire: mi ha colpito. Mi aspettavo l’affetto dei tifosi, ma è andato al di là. Sono stati immensi e non finirò mai di ringraziarli. In tutto il percorso della mia carriera, se mia moglie mi vedeva sorridere di più quando mi fermava qualcuno, mi chiedeva: sono sardi? Sono di Cagliari? Perché vedeva che avevo proprio un altro sorriso. Io di solito sono sempre disponibile, ma quando mi fermava un sardo, un cagliaritano, proprio mi si apriva il cuore. Ecco, diciamo che mi aspettavo qualcosa di caloroso, ma veramente sono stati magnifici. E sono stati magnifici sabato a starci dietro, a spingere la squadra. Ci saranno dei momenti difficili e in quei momenti ci devono aiutare, perché se dovessimo andare in Serie A, molto dipenderà anche dai tifosi. Dipenderà da me, dai ragazzi, da tutti quanti, ma loro saranno gli artefici principali, perché nei momenti di difficoltà i tifosi dovranno capire e aiutare i ragazzi in campo».

MISTER E SQUADRA – «L’allenatore deve caricare la squadra. Io credo che ci sia un interscambio, un’osmosi, perché chi motiva il motivatore? Io dico che sono i miei ragazzi: vedendoli come si allenano, come si impegnano, loro danno a me l’energia in modo che io possa ridonarla indietro. In pratica, la partita tu te la devi giocare prima, io già me la sto giocando. Io come ho finito la gara contro il Como, sabato scorso, sono andato a vedere la partita d’andata e le partite che ha giocato il nostro prossimo avversario, il Cittadella. Come gioca, come pressa, come fa. È importante che i ragazzi sappiano questo e io già gli ho fatto vedere alcuni spezzoni della partita con il Cittadella. Noi dobbiamo essere pronti, perché se vai lì e non sei pronto, oltre a soffrire, vai a perdere sicuramente. Allora io dico: noi andiamo lì preparati. Poi sì, ci sono gli episodi della partita, lo sport è bello anche per questo, perché mai si può dire vado e vinco. Noi andiamo con la voglia di fare bene e di prendere più punti possibile. Sabato con il Cittadella e poi in tutte le partite che seguiranno. Sempre rispettando l’avversario».

EMOZIONI E RITORNO – «Non sono tornato spesso a Cagliari. Sono tornato per l’ultima partita al Sant’Elia, ritrovando tanti amici in campo e fuori. Cosa mi ha spinto a tornare? Allora, io vivo per le emozioni. Ci sono state diverse richieste che però non si sono mai concretizzate. E io che sono fatalista dico: che cosa c’è dietro? Perché non vado qua, non vado lì, perché non si chiude questa trattativa? Dov’è che volevo arrivare? Volevo venire qui a Cagliari! Non ero prontissimo dopo Watford. Io soffro tantissimo quando mi mandano via. Le prime richieste non le ho accettate perché non potevo caricare i giocatori, perché se non mi carico io, non riesco a dare tutto me stesso alla squadra. Nella mia carriera ho vissuto dei momenti belli e dei momenti brutti. E nei momenti brutti mi ricordavo di quell’esperienza a Cagliari. Mi sono detto: vado. E se poi non riesco a dare quello che tutti sogniamo? Però poi… il figlio di Gigi Riva, Nicola. Gigi che un’intervista dice Claudio è uno di noi. Il presidente Giulini che insisteva. Sono venuti a casa il direttore sportivo, l’amministratore Carlo Catte. C’è stato un pressing che mi ha portato a dire: ma perché devo essere egoista e non rischiare? Il ricordo di quello che è successo più di trent’anni fa, con la doppia promozione dalla C alla A, resterà sempre, ma ci sarà una nuova avventura che, mi auguro, possa finire come quella di tanti anni fa».

VITA DA ALLENATORE – « Io credo che tutti quanti noi allenatori lavoriamo venticinque ore al giorno. Perché oltre a quello che facciamo al campo e tutto il resto, vuoi o non vuoi, l’idea ti parte e ti dice: ma forse quello o quell’altro avversario, forse se la metto così è meglio. Ecco, un allenatore lavora sempre, lavora sempre».

NAZIONALE ITALIANA – «Niente Mondiale? Sì, è una grande tristezza, però ci sta, nel calcio ci sta. Abbiamo vinto un Europeo, Mancini è stato bravissimo. E poi probabilmente ci hanno conosciuto, ci hanno studiato, non siamo stati in grado di ripetere quelle prove così convincenti. Con quel pizzico di fortuna o sfortuna che nello sport è una costante».

SGUARDI ROSSOBLU’ – «Tenevo un occhio sul Cagliari anche quando allenavo in Premier League. Era uno dei primi risultati, se non il primo, che andavo a vedere».

GIULINI – «Lo conoscevo perché era il presidente del Cagliari, ma non personalmente. Lo sto conoscendo adesso». E che idea si sta facendo? «Di un uomo che vuole bene al Cagliari, un imprenditore che ha speso tanto e che non ha raccolto per quanto ha seminato. Mi auguro che io e il nuovo direttore sportivo Nereo Bonato possiamo fare del nostro meglio per ripagare la passione e i grandi sforzi del presidente Giulini».

LIVERANI – «Non mi appartiene parlare con chi ha lavorato prima, perché voglio valutare giocatori, ambiente e tutto con i miei occhi».

APPARTENENZA – «E’ una cosa importantissima. Non penso di conoscere i sardi, onestamente. So che siete molto chiusi e volete capire chi avete davanti. Dopo vi aprite. Però formate un nucleo solido. Io questo chiedo alla squadra. Io non l’ho detto per prendere consensi. I consensi me li mostrate in mille modi, me li mostrano i tifosi. Io ci credo in quello che dico. Io voglio che la mia squadra capisca, capisca la realtà della Sardegna. E quando i ragazzi vanno in campo non appartengono alla squadra, appartengono all’Isola. E io voglio che loro facciano vedere l’orgoglio sardo. La determinazione sarda. L’Unione Sarda».

UNIONE – «Io chiedo ai miei giocatori di essere uniti. Essere squadra significa aiutarsi l’uno con l’altro. Per me è troppo importante l’aiuto reciproco. Chi non gioca è più importante di quelli che stanno giocando perché tu i campionati non li vinci con gli undici, i tredici che vanno sempre in campo. Li vinci con quelli che entrano per poche partite ma ti danno il cento per cento, il centodieci per cento. Quelli sono gli uomini che ti fanno capire che sì, il gruppo è solido».

PEREIRO E NAINGGOLAN – «Pereiro è un ottimo giocatore, ma per il mio calcio ho bisogno di gente veloce, che pensi velocemente, che non mi tenga palla, che giochi possibilmente in verticale. Pereiro è un artista del calcio, però secondo me aveva bisogno di un altro tipo di squadra o di campionato. Nainggolan? Ho letto anche io che vorrebbe venire. Se Radja si calasse nel clima della Serie B, cambiando registro…»

PAVOLETTI E CITTADELLA – «Ha rimediato una distorsione, stiamo esaminando bene. Spero di averlo presto in forza. Anticipazioni sul Cittadella? Beh, davanti gioca Lapadula. In porta … (sorriso) Radunovic… No, non sto facendo pretattica. È che, veramente, io utilizzo la sera prima della partita proprio per fare tutto un riassunto della settimana. Chi mi ha convinto dei ragazzi. Io ho allertato quattro o cinque giocatori. Vediamo chi mi risponde».

NUOVO STADIO E ASSEMINI – «Sarebbe bello, sarebbe bello. Io non dico fino al 2032, però se lo stadio arrivasse in tre o quattro anni… Io comincio a pensarci. Perché io sono duro a mollare. Il centro sportivo di Asseminello? Bellissimo. Sono passato a vedere il campo al Poetto dove mi allenavo. Questo è il mio campo, mi sono detto, vicino all’ippodromo. Il centro sportivo di Assemini è una meraviglia. Sembra un resort».

ABITUDINI – «Quando perdo, mi si chiudono gli occhi subito. Quando vinco, l’andreanalina scorre. Evidentemente quando perdo non vedo l’ora di dormire affinché venga il giorno dopo per ricominciare a lottare e riportare tutto in corsa».

GIGI RIVA E ZOLA – «No, però sentirò ancora Nicola, il figlio, perché vorrei andare ad incontrarlo. Zola? Ci siamo abbracciati, mi ha fatto molto piacere».

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