Pensieri Rossoblù: "L'anno zero" - Cagliari News 24
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2013

Pensieri Rossoblù: “L’anno zero”

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Dopo un pareggio in casa della Juventus (stra)campione d’Italia i pensieri e le considerazioni non possono che essere tanti e di diverso tipo.

Uno su tutti, contenti di aver quasi rovinato la festa. Un po’ come se al “3-2-1” di fine anno arrivassero i vicini del piano di sotto a pretendere il silenzio.

In generale però questa partita può essere vista come summa di tutto quello che sarà, dovrebbe essere, la programmazione e gestione per la stagione futura e le successive.

L’infortunio di Perico ha definitivamente scoperto il nervo sensibile, la zona del campo dove forse il Cagliari ha più problemi. Scontato dire che servirebbe, a prescindere dal recupero dei due terzini destri, l’acquisto di un giocatore che valga la serie A, così faticosamente e meritatamente conquistata. Altrettanto ovviamente, guardando alla realtà dei fatti ed i soldi che sicuramente serviranno per la questione stadio, qualsiasi sarà la conclusione, la soluzione in casa non è da sottovalutare. Questa c’è e si chiama, secondo me, Daniele Dessena. Se il giocatore accettasse la variazione di ruolo, il terzino destro lo potremmo già avere in casa (un po’ come Avelar, a parti invertite, da terzino potrebbe essere nuova risorsa per il centrocampo).

Tornando indietro rispetto a quanto fatto nella partita precedente con il 4-3-3, si è optato per un più coperto 4-4-2 (con Ekdal che saliva centralmente per aggredire il portatore). Sicuramente contro i campioni d’Italia è lecito e giusto volersi coprire e puntare all’equilibrio. Ma non vi è altresì dubbio, almeno per quel che mi riguarda, che l’unica soluzione per poter far risultato o avere una squadra che si possa definire vincente è quella di imporre comunque e contro chiunque il proprio gioco (come faceva Allegri quando in casa dell’Inter del triplete non cambiava una virgola del suo modulo e stile di gioco).

E questa anzitutto è mentalità. Non la si compra da nessuna parte ma la si costruisce in casa, negli spogliatoi, negli uffici della società, ovunque. Ed è qui che, ahimè, la Juve può insegnare qualcosa, guardando proprio alla partita di ieri. Le proteste finali per gli ultimi dieci secondi di recupero non dati, il cercare ossessivamente la vittoria (teoricamente inutile) a tutti i costi; una squadra che, senza campioni, ha ammazzato il campionato ed è arrivata ai quarti di Champions perdendo dignitosamente contro chi ha frantumato il Barcellona (guarda caso il Bayern sul 7-0, a pochi minuti dalla fine, continuava ad attaccare con veemenza, un po’ come ieri la Juventus contro il Cagliari).

Tutto questo indica, secondo me, la strada che il Cagliari non deve aver alcuna paura di seguire.

E noi lo sappiamo che è nelle corde della squadra, lo abbiamo visto. Quest’anno come mai prima abbiamo visto una squadra arrembante in diverse circostanze alla ricerca del risultato. Questa deve essere la cifra del Cagliari, in linea con la mentalità fisica, aggressiva ed offensiva delle migliori. Senza paura di imporre e di imporsi, consapevole dei proprio mezzi. Non una risposta ad avversità incontrate ma una mentalità da assumere ed inglobare nel DNA. E qui si arriva, secondo me, all’altro punto fondamentale, visto e notato in altre circostanze ma ieri ben visibile.

Il Cagliari ha giocatori forti ma gioca con le folate dei singoli. Tralasciando il discorso Ibarbo ampiamente discusso in diverse sedi (senza mezzi termini, se non lo si farà diventare un campione assoluto sarà responsabilità totale di chi lo gestisce ed allena), l’idea è quella di una squadra, in campo, non organizzata quando si tratta di avere la palla tra i piedi. Pinilla che dribla due o tre uomini per poi trovarsi solo a metà campo circondato da avversari. Nainggolan che fa la medesima cosa ma è costretto a ributtare la palla indietro perché non accompagnato dal resto della squadra. Il gol che è venuto da una cavalcata solitaria ed i difensori che spesso si trovano a lanciare lungo. Così come c’è la convinzione, tornando alla partita di ieri, che la Juve senza il suo allenatore non vedrebbe il vertice della classifica nemmeno da lontano, così il Cagliari deve trovare il suo condottiero. Un condottiero che sappia sì stimolare e spronare, ma che abbia un’idea di calcio bene precisa, offensiva, adatta a sfruttare e valorizzare pienamente la qualità della rosa.

Questo è stato l’anno zero, l’anno in cui si è confermata l’imbattibilità allo Juventus Stadium, l’anno in cui, finalmente la vicenda stadio è esplosa così da diventare priorità assoluta, l’anno in cui la rosa del Cagliari è competitiva ad altissimi livelli, l’anno in cui il Palermo, salito in serie A a braccetto con il Cagliari, è retrocesso a dimostrazione del gran lavoro dei rossoblù. L’anno zero appunto, l’anno cui si mettono le basi per qualcosa di importante per il futuro.

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