Editoriale

Calhanoglu divide, ma chi semina vento raccoglie tempesta

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L’esultanza provocatoria di Calhanoglu dopo aver realizzato il rigore del vantaggio durante Milan-Inter ha scatenato le inevitabili ire e reazioni dei tifosi rossoneri

Non poteva essere altrimenti, il gesto di Hakan Calhanoglu verso la sua ex curva ha provocato un putiferio di cui serenamente avremmo fatto volentieri a meno. Anche perché, diciamo la verità, non è che il turco abbia poi tutte queste ragioni da vendere.

Galeotto fu dunque il calcio di rigore conquistato ai danni di un ingenuo Kessié e poi trasformato con coraggio e sangue freddo. Dimostrando anche “huevos” non banali sotto l’assordante pioggia di fischi che lo hanno accompagnato in ogni secondo del suo primo derby da giocatore dell’Inter. Probabilmente la miglior prestazione in assoluto da quando affianca Brozovic e Barella.

Ma il fervore covava da settimane sotto traccia, ovvero da quell’addio nottetempo durante l’estate per guadare i Navigli da sponda a sponda. Un passaggio a parametro zero mal digerito dal popolo rossonero, oltretutto contraddistinto da una serie di post social da parte del centrocampista che definire poco “sensibili” verso chi aveva abbandonato è un eufemismo.

Con un tale background sulle spalle, chiaro che portarsi le mani dietro le orecchie volgendo lo sguardo verso la curva rossonera non sia stato esattamente il gesto del secolo. Nulla di drammatico, per carità, ma una provocazione che Calhanoglu poteva tutto sommato evitare. Anche perché va ricordato che il Milan non lo ha mandato via, anzi, è stata la scelta (rispettabile) di un calciatore che ha preferito intraprendere nuove strade professionali ed economiche.

Insomma, i fischi erano oggettivamente il minimo sindacale che ci si potesse aspettare. Un pochino meno lo striscione esposto dalla Curva Sud, per quanto intriso di una certa, brillante ironia. Reazione dura, ma inevitabile forse: d’altronde, come si suol dire in questi casi, chi semina vento raccoglie tempesta.

 

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