2015

Cagliari, il dimissionario Marroccu: «Soffro per la retrocessione, è una stagione piena di rimpianti»

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A pochi giorni dalle sue dimissioni, l’ormai ex direttore sportivo del Cagliari Francesco Marroccu ha voluto raccontare la stagione che si avvia a concludersi con la retrocessione della squadra in Serie B. Il dirigente è intervenuto ai microfoni di Radiolina nel corso della trasmissione “Il Cagliari in diretta” e ha toccato tanti temi, dal calciomercato agli allenatori passando per gli errori commessi durante l’annata.

 

Questo il pensiero di Marroccu: «E’ stato un anno molto difficile, iniziato con grandi aspettative e terminato nel peggiore dei modi. Il morale in questo momento è basso. Sono tornato a Cagliari perché ho sentito il richiamo della mia terra e della squadra che amo. Con questa stagione però ho capito che dal punto di vista professionale non è la scelta migliore. In un’altra situazione mi sarei dimesso con mesi di anticipo, ma qui non mi sembrava il modo corretto di lasciare il posto di lavoro. Ho voluto mettere la faccia fino alla fine, nell’ultima settimana ho reso possibile l’avvicendamento come atto dovuto. Era da qualche mese che avevo in mente questa decisione. Le responsabilità di questa stagione sono anche mie, è certo: quello del direttore sportivo è un ruolo che comporta responsabilità. Al Cagliari quest’anno c’è stato un allenatore molto presente nelle scelte tecniche, il mercato è stato fatto quasi assecondando le volontà di Zeman. Lui stesso quando è tornato non ha detto il contrario, la squadra è stata costruita secondo le sue indicazioni. Abbiamo preso le prime scelte indicate dal tecnico boemo. Poi certo ci sono responsabilità di tutti, dalla dirigenza al direttore sportivo ai giocatori: io mi assumo le mie. Se ho dato le dimissioni prima di questo momento? Preferisco non parlarne, ci sono cose pubbliche e cose interne alle dinamiche di una società. Il mio errore è stato quello di tornare a Cagliari comportandomi come mi comportavo nei tanti anni con Cellino. Ho usato lo stesso modus operandi, ma la proprietà è diversa e avrei dovuto avere un tipo di collaborazione diverso. Io e i dirigenti ci siamo lasciati bene, sono il primo a desiderare che il Cagliari riparta presto e bene. Giulini è una persona corretta e onesta, è inesperto di questo mondo ma credo che si attrezzerà perché gli errori che abbiamo commesso insieme non si verifichino più. L’unico suo limite è l’inesperienza, e io avrei dovuto aiutarlo di più. Capozucca? Gli faccio il mio in bocca al lupo, non sta a me giudicare il futuro o il lavoro altrui».

 

«Festa? Se domenica batte l’Udinese fa 13 punti in 7 partite, gli stessi punti fatti dal primo Zeman in 16 partite. E’ una stagione piena di momenti topici in cui si è preso il bivio dalla parte sbagliata. Domenica a seconda dei risultati ci si può ritrovare a un passo dall’Atalanta e questo fa ancora più male. Il Cagliari non era una brutta squadra, ma non è mai scattata la chimica che permette di compiere le imprese. La scelta di Zeman nasceva ancora prima dell’acquisizione del club, non è mai stato argomento di trattativa. Sui portieri è stata fatta una scelta che poi si è rivelata sbagliata. Per l’attacco, in estate Sau stava bene e sembrava adattissimo al gioco di Zeman. Il presidente era favorevole all’acquisto di Pavoletti, ma le indicazioni dello staff tecnico non erano dello stesso avviso. Husbauer? E’ stato uno dei nomi indicati da Zeman nella prima parte del calciomercato estivo. In seguito lo stesso Zeman ha rivisto la sua posizione per via della poca corsa del giocatore, quindi ci fermammo. A gennaio fu un patto fra società, perché il giocatore aveva sofferto il mancato trasferimento e si è cercato di stimolarlo: non era un’operazione di mercato su cui si puntasse in modo particolare. Il Cagliari deve sfruttare questi giorni per riorganizzarsi, questo è il motivo principale delle mie dimissioni. Domenica si chiude un ciclo che ho vissuto nel pieno del suo splendore, un ciclo fatto da nomi come Conti, Cossu e Pisano. Pensare a Conti che chiude così la sua carriera mi fa male, so che sono momenti che ti segnano. Da settimane fatico anche a incrociare il suo sguardo, ha sofferto questa stagione come nessun altro. Questo gruppo era abituato ad un altro tipo di calcio, quando è subentrato il nuovo progetto tecnico la squadra ha provato a buttarsi nella nuova avventura ma poi la luce si è un po’ spenta al momento delle partite con Fiorentina e Chievo. Lì la squadra ha smesso di credere in quel progetto e Daniele è quello che ha sofferto di più. Domenica guarderò la partita, vorrei vedere il Cagliari vincere come auspicio e autostima per ricominciare a mietere successi nel prossimo campionato. Quando è arrivato Zeman ha fatto un elenco di giocatori che non rispondevano ai requisiti per il suo calcio: a posteriori si può dire che Nenè forse avrebbe garantito più gol di Longo».

 

«Zola aveva trovato la strada giusta, con un sistema di gioco che prevedeva una punta e due trequartisti: in quel momento la Roma ci ha chiesto Ibarbo e si è presentata la possibilità di prendere Mpoku. Ci è sembrata un’operazione da fare. Se Zola avesse potuto allenare questa squadra da luglio avrebbe fatto benissimo, ho trovato un mister con grandi capacità. In un momento come quello di questa stagione servivano scosse caratteriali e da quel punto di vista forse non era l’uomo adatto. Fra i nomi che circolano adesso per la panchina non nomino nessuno, in questo momento non sta a me e non sarebbe giusto. Per quanto riguarda me, al momento devo ancora metabolizzare il lutto di questa stagione. L’ho sofferta, forse anche troppo, perché ho fatto il lavoro che amo nella mia città: è un momento in cui mi sento veramente a terra, per ripartire avrò bisogno di tempo. Dopo le dimissioni ho ricevuto telefonate da parte dei calciatori che mi hanno manifestato solidarietà, mi ha fatto piacere. Per quanto riguarda l’amarezza dei tifosi, la capisco: nel mio ruolo un giorno sei martello e un giorno sei incudine. Nel giudicarmi chiedo di ricordarsi che se sono al decimo anno di Serie A ho evidentemente fatto qualcosa di buono. Detto ciò, si lavora in team e io ho fatto quello che dovevo fare dimettendomi; altri restano e fanno il loro dovere, è parte del gioco. Ho la coscienza pulita, non abbasso lo sguardo».

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